
English Version
I’m not a jealous person. In fact, I am. But not a nasty one, I mean. I’m more the self-deprecating type. I do enjoy others’ success: I’m genuinely happy when they make it big. I just fall in the comparison trap, and I always come out a bit bruised. But I can live with that.
What I cannot stand is the bold, unjustified, and outrageous luck of native English speakers. Not to mention the bi-tri-n-lingual folks. I met just a couple of those blessed individuals in my life and I would have given a arm and a leg for switching from one language to the other as they did.
Finally come the late-bilinguals: those who learn a second language after the age of 6 or 7, usually during adolescence or adulthood. In other words, guys like me. Guys that look like me, actually. Because I am not even close to their mastery. And their refined vocabulary; their clever use of idioms; the way prepositions make sense in their sentences. I hate them.
I won’t mention my lifelong fight with my accent because I am bothered enough already.
Sometimes I wish I was born in an English-speaking country. But then I realise I would miss my colourful Italian background. Other times I wish I was bilingual, but then I should go through life without my amazing parents. Finally, I wish I was able to better articulate, to speak beautifully. But that would probably stop me to keep improving. And all in all, it wouldn’t be me.
Italian Version
Il Pensiero Del Giorno: Desideri Madrelingua
Non sono una persona invidiosa. Forse un po’, dai. Ma non in senso negativo. Sono piuttosto il tipo auto-denigratorio. Mi fa piacere quando gli altri hanno successo e sono realmente felice quando riescono a realizzarsi. Semplicemente, cado nell’annosa trappola del confronto e ne esco sempre un po’ ammaccata. Ma è una cosa con cui riesco convivere.
Quello che non riesco proprio a mandare giù è la sfacciata, ingiustificata, a tratti offensiva fortuna dei madrelingua inglesi. Per non parlare dei tipi bi-tri-n-lingue. Mi è capitato di incontrarne giusto un paio in tutta la mia vita e avrei dato un rene per poter passare da una lingua all’altra con la loro nonchalance.
E per finire, i bilingue “di ritorno”: quelli che hanno imparato una seconda lingua dopo i 6 o 7 anni, di solito durante l’adolescenza o da adulti. In breve, quelli come me. O meglio: quelli che sembrano come me. Perché io non mi avvicino nemmeno lontanamente alla loro padronanza linguistica. E al loro vocabolario forbito; all’uso appropriato degli idiomi; al modo in cui le preposizioni acquistano un significato nelle loro frasi. Li odio.
Eviterò di menzionare il “dramma dell’accento” perché sono già abbastanza avvilita così.
A volte vorrei essere nata in un paese in cui l’inglese è la lingua ufficiale. Ma poi mi rendo conto che mi mancherebbero le mie folcloristiche origini italiane. Altre volte vorrei essere bilingue, ma in quel caso dovrei rinunciare ai miei meravigliosi genitori. In fine, mi piacerebbe esprimermi meglio, avere un eloquio più curato. Ma questo probabilmente mi impedirebbe di continuare a migliorare. E alla fine, non sarei io.